Orizzonti oltre i muri

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Alba (foto di G. Capuano)

Formazione di governi nazionali; elezioni, sondaggi e conta dei voti; summit e accordi internazionali; governo delle città; pandemia; riscaldamento globale; scienza e credenze; informazione, controinformazione, fake news; assalto al pronto soccorso dell’ospedale Umberto I di Roma e alla sede nazionale della CGIL. Fascisti, neofascisti, Lega, Fdi, Fi, Pd, M5s, e tanti altri. Nuntereggae più cantava Rino Gaetano.

E poi ci sono le gioie, gli amori nuovi o perduti, i pianti e le risate, le nascite e le morti, chi cresce e chi invecchia; il lavoro, per chi lo ha e chi lo cerca, i conti di fine mese, il mutuo o l’affitto da pagare, i figli che rompono, la cura del cane, del gatto, del pesciolino rosso; il film al cinema o in tv, il libro da comprare, da aprire e leggere, da accantonare sullo scaffale aspettando di avere il tempo di finirlo o decidere che non vale la pena, restituirlo, regalarlo o gettarlo via (cosa che è meglio non fare mai). Giorgio Parisi potrebbe aiutarci, visto che quest’anno ha ricevuto il Premio Nobel per la fisica per la “scoperta dell’interazione tra disordine e fluttuazioni nei sistemi fisici, dalla scala atomica a quella planetaria“. Un tema affascinate solo a leggerlo, ma capirci qualcosa è ben altra cosa.

Si ha a volte la sensazione che proprio non riusciamo a reggere le libertà che abbiamo conquistato. Siamo passati in modo repentino a un mondo non più diviso in un di qua e un di là, un nord e un sud, tra buoni e cattivi, tra giusti e sbagliati, tutti incasellati e semiliberi di scegliere per quale squadra tifare (o a cui appartenere), a un mondo che ci induce a sviluppare al meglio le nostre individualità. Ma ce ne mostriamo incapaci. Sappiamo coniugare l’individualità solo in termini di individualismo, due cose ben diverse. Nella migliore delle ipotesi scegliamo di appartenere ad un gruppo con una sua identità, nostalgica, presunta, immaginata.

C’è stata una pandemia, i dati dell’Oms stimano in circa 153 milioni i casi accertati e in 3,2 milioni i decessi correlati, dati certamente incompleti visto che in molti paesi i sistemi sanitari o sono raffazzonati e inefficienti o del tutto inesistenti. Qualcosa che ha modificato per mesi i nostri comportamenti abituali, messo in crisi commerci, attività produttive in tanti settori, il che ha acuito le sofferenze sociali e individuali di tante, tantissime persone che si sono trovate senza reddito, magari prodotto con attività mal pagate, e senza nessuna copertura assicurativa. In molti hanno creduto che, una volta sepolti i morti, si potesse tornare al prima come se niente fosse accaduto. Abbiamo visto anche il mobilitarsi di tante associazioni, di tante brave persone, tante aziende, che sono scese in campo fisicamente ed economicamente per aiutare chi stava in difficoltà. Governi nazionali e organizzazioni internazionali, che hanno gestito il loro potere secondo logiche sfrenatamente liberiste adottate per anni, costretti a rivederle e diventare disponibili ad un intervento nell’economia reale approvando piani per finanziare il rafforzamento dei sistemi sanitari nazionali, la ripresa delle attività produttive senza dimenticare i vecchi e nuovi esclusi. Sistemi come quello degli USA, dove la cura sanitaria delle persone è considerata un business al pari di qualsiasi altra attività economica e i malati considerati al pari di consumatori che devono pagare chi ha competenze e strutture per curarli, costretti a garantire gratuitamente la cura dei malati da Covid e la somministrazione di vaccini.

Certo le differenze rimangono tante, le diseguagliane non sono assolutamente annullate, ma il lungo processo di liberalizzazione mondiale della mobilità di persone, idee e informazioni, merci e capitali, dispregiativamente definito globalizzazione, ha trovato una nuova e diversa accelerazione che ha permesso di ragionare in termini diversi su salute pubblica, crisi climatica, inquinamento, qualità della vita, fame, guerre e migrazioni. Un processo che sembrava unidirezionale e inevitabile si è arricchito di nuovi contenuti entrando con forza nel contesto politico-economico.   

Contro tutto questo si è innescata una reazione multicolore. La politica ha dato forfait, pensatori fino ad oggi stimati hanno mostrato i primi segni di una demenza senile assumendo pubblicamente posizioni deliranti. L’opportunità di ragionare su scala planetaria si è trasformata nel proliferare di mondi chiusi e rissosi, uno contro l’altro. Ogni individuo si sente legittimato a rivendicare la priorità assoluta dei suoi bisogni, desideri, convinzioni.

Paure individuali, come quella di un ago, di un medicinale, di un qualsiasi vaccino, dell’estraneo al proprio gruppo ristretto di amici e parenti, sono assurte a posizioni politiche da difendere ed affermare.

Lavoratrici, lavoratori, disoccupati si mostrano incapaci di esprimere interessi generali, anche se della propria categoria, si dividono anche nel loro microcosmo, nel reparto, nella stanza in cui passano tanto, troppo tempo, con un compagno di lavoro. Politici alla guida di paesi liberati da invasori che chiedono fondi europei per erigere muri e sbarramenti contro l’ingresso nel loro piccolo orticello di persone, donne, uomini e bambini provenienti da un qualsiasi altrove. Riparte in modo palese, non più falsificato e edulcorato da posizioni ideologiche e culturali, la corsa agli armamenti. Un brutale ritorno al passato.

In questa caciara politica e culturale chi non aveva voce continua a non averla. Altro che invasione da extra mondi, è una guerra di mondi nell’unico mondo che dovremmo difendere e curare. Bianco, giallo, rosso o verdone, tutti contro tutti.

Nessun invito ipocrita e moralista a un vogliamoci tutti bene. Nell’incipit a “Menti tribali” Janathn Haidt cita le parole di Rodney King, il nero pestato con furia omicida da quattro poliziotti a Los Angeles nel 1992, a cui seguirono tumulti e devastazioni: “Can we all get along?” (possiamo andare tutti d’accordo?). Nessuno lo pretende, “non ha grande rilevanza dire che ci sono questioni su cui non siamo d’accordo e non abbiamo le idee chiare, perché è un fatto semplicemente ovvio: è precisamente il motivo per cui iniziamo a discutere” (Franca D’Agostini, Introduzione alla verità).

Tentare di costruire un confronto, un dialogo tra le tante parti in gioco oltre che necessario potrebbe risultare piacevole e divertente. La diversità è una ricchezza e non può trasformarsi in una iattura per l’umanità.

2 commenti su “Orizzonti oltre i muri”

  1. Condivido a pieno quello che hai scritto caro giuseppe…il problema è non solo non costruire muri separatori ma abbattere i muri che tanti si portano nei loro cuori

  2. Giuliano Pennacchio

    Mi sembra, parafrasando, il Grande Timoniere, che c’è grande confusione sotto il cielo, quindi va tutto bene. Scherzi a parte, la crisi dell’identità politiche sta rimescolando la rappresentanza politica, quando questa si esprime. Vi sono sempre più aree di passività tra i cittadini, i lavoratori e i ceti produttivi e questo frantuma la società. Il come uscire dall’individualismo, senza prendere l’individualità, è un percorso difficile ma non impossibile. Occorrerebbe un progetto collettivo, sia ancora questo; un disegno politico, culturale e sociale.

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