La sanità in Campania: è tempo di cambiare

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Fonte: Agenzia per la Coesione Territoriale https://www.agenziacoesione.gov.it/

La Regione Campania ancora una volta evita l’impegno riformatore per dedicarsi a gestire lo stato delle cose alla meglio, non facendo tesoro delle sfide imposte dalla pandemia. Riformare il sistema sanitario per garantire la salvaguardia della salute dei cittadini obbliga ad un impegno che va ben oltre gli scialbi tentativi di operare dei semplici “aggiustamenti”.

Il Parlamento, sollecitato dal Governo Conte e, ad oggi, non smentito dal Presidente Draghi, sta lanciando una sfida alle Regioni, proponendo di attuare un modello unificato che preveda una riorganizzazione territoriale dei sistemi sanitari pur lasciando loro la programmazione, la progettazione e la gestione. Come primo atto per invogliare le Regioni a cambiare direzione, il Dipartimento Affari Sociali del Servizio Studi della Camera dei Deputati ha inviato alla Conferenza delle Regioni una richiesta di informazioni relativa ai presidi delle cure intermedie, Case della Salute (CdS) e Ospedali di Comunità (OdC), attivi nei diversi sistemi sanitari regionali. La diffusione e l’organizzazione di queste strutture rivestono un ruolo centrale nella Missione Salute (n.6) del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), come esplicitato nella “Relazione sullo sviluppo delle Case della Salute e degli Ospedali di Comunità nelle regioni italiane (anno 2020)” inviata nel febbraio 2021. Nella relazione si chiarisce anche che, mentre la declinazione operativa degli OdC si basa sui contenuti dell’Intesa Stato-Regioni n.17 del 20 febbraio 2020, la declinazione operativa di CdS, in assenza di una impostazione condivisa a livello nazionale, è stata intesa come una struttura sanitaria territoriale in cui è prevista l’integrazione tra medici di medicina generale/pediatri di libera scelta ed i servizi sanitari delle Aziende Unità Sanitarie Locali. Il modello tecnico organizzativo delle Case della Salute è innovativo, si potrebbe dire all’avanguardia, ma impone una riorganizzazione complessa che necessita una rivisitazione di tutte le figure professionali, dai medici specialisti ai medici di medicina generale (il medico di famiglia), e di tutte quelle figure professionali intermedie che partecipano al raggiungimento dei risultati attesi da questo sistema.

Purtroppo dalle azioni messe in campo dalla Regione Campania pare proprio che queste indicazioni, pur nel rispetto dell’autonomia concessa dalla legge, non siano state accolte proprio in quegli aspetti più innovativi. In Campania le indicazioni nazionali sono state “tradotte” in una parziale riconversione delle Strutture Polifunzionali esistenti in Poliambulatori di I e II livello. Questa “resistenza” non è spiegabile con la scarsità di risorse finanziarie disponibili, visto che è previsto da parte del Governo il cofinanziamento della riorganizzazione del sistema sanitario delle Regioni proprio nella fase più difficile, quella della sperimentazione progettuale (Decreto del Ministero della Salute del 10 luglio 2007). Uno degli aspetti particolarmente innovativi dell’idea progettuale delle CdS è la previsione della partecipazione democratica, dove i cittadini e le associazioni di tutela dei pazienti contribuiscono alla programmazione dei servizi e delle attività e sono chiamati a valutare i risultati ottenuti in termini di salute e di benessere percepito. All’interno della struttura devono trovare collocazione gli studi dei Medici di Medicina Generale (MMG) e deve essere garantita la continuità assistenziale 7 giorni su 7 e per le 24 ore attraverso il lavoro in team con i medici di continuità assistenziale e di emergenza territoriale.

Gli Ospedali di Comunità invece sono presidi sanitari presenti in molte regioni, che ne hanno definito funzioni e requisiti. Solo recentemente, il 20 gennaio 2020, è stata sancita l’Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, che ha definito i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi minimi per l’autorizzazione all’esercizio degli OdC pubblici o privati. Il Presidio sanitario di assistenza primaria a degenza breve/Ospedale di Comunità svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero; è una struttura atta a garantire le cure intermedie, ovvero le cure necessarie per quei pazienti che sono stabilizzati dal punto di vista medico, che non richiedono assistenza ospedaliera, ma sono troppo instabili per poter essere trattati in un semplice regime ambulatoriale o residenziale classico.

In Campania, in particolare, è probabile che la maggiore resistenza all’adesione alle linee guida ministeriali provenga da una dirigenza caratterizzata da una mentalità burocratica paralizzante. C’è inoltre da sottolineare che le scelte della Regione Campania di riattivare, sotto forma di poliambulatori, i presidi ospedalieri dismessi o ridimensionati dalle politiche di tagli finanziari al sistema sanitario, risponde anche ad una logica populista ed elettoralistica: si “accontentano” apparentemente le comunità che avevano legittimamente protestato per la chiusura dei piccoli ospedali e di tante altre strutture, ma non si affronta la sfida dell’innovazione tecnologico-organizzativa, si evita ogni tentativo di diffondere nuove metodologie diagnostiche e di cura.

Quindi al problema di arretratezza progettuale si associa anche una volontà politica troppo attenta ad interessi consolidati. In Campania ci troviamo di fronte ad un vero e proprio abbandono della sperimentazione delle Case della Salute, come si può evincere chiaramente dal DCA n.83/2019 “Piano Regionale della Rete di Assistenza Sanitaria Territoriale 2019-2021”.

Visti gli strumenti finanziari e legislativi oggi disponibili (come ad esempio la possibilità di stipulare dei contratti con giovani motivati con adeguate caratteristiche professionali, i Project manager, utilizzando l’art 15septies d.lgs. 502/1992, per l’avvio di un percorso serio ed omogeneo fondato sull’efficacia del mandato a termine del contratto individuale), la scelta rinunciataria dell’attuale Amministrazione regionale non è giustificata né giustificabile. Una scelta che non potrà che aumentare il divario territoriale nel nostro Paese negando ai cittadini delle Campania il diritto ad avere un sistema sanitario moderno ed efficace, come accade in altre Regioni. In Italia ancora una volta la Regione Emilia-Romagna e la regione la Toscana mostrano una dinamicità completamente diversa. In particolare la Regione Toscana è andata oltre l’integrazione sanitaria e ha strutturato il suo sistema mirando all’integrazione sociosanitaria. Nel 2017 la Toscana ha inquadrato definitivamente nel Servizio Sanitario Regionale la struttura Casa della Salute quale “parte fondamentale ed essenziale della rete dei servizi aziendali delle Cure Primarie…”, con specifiche sedi fisiche, ben riconoscibili su tutto il territorio regionale.

Su temi di una tale rilevanza è necessario che il mondo dell’associazionismo, i centri di studio e di ricerca, a partire dalle Università, ma anche le organizzazioni dei lavoratori, di tutte le categorie, mettano in campo le loro risorse migliori per contrastare le scelte che si stanno compiendo che non sono altro che il frutto di una mediazione al ribasso.

Il dramma della pandemia alla fine ha colpito fino in fondo anche la Campania e, alla lunga, a nulla sono servite le colorite prese di posizione del Presidente De Luca. Oggi il sistema sociale, economico e sanitario della Regione non può permettersi il lusso di non sperimentare nuovi percorsi che certamente potrebbero migliorare le condizioni di vita dei cittadini cogliendo una grande occasione per valorizzare tante energie umane e professionali troppe volte mortificate e/o costrette ad abbondonare il proprio territorio.

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