La sedia fa scattare l’incidente diplomatico

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É stato un vero e proprio effetto domino quello generato dall’episodio della sedia mancante all’incontro della Delegazione europea con il presidente turco Erdogan ad Ankara. Tutti i giornali, i social network, i vignettisti negli ultimi giorni hanno dedicato pagine, servizi, commenti a quanto accaduto alla presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, lasciata letteralmente in piedi all’incontro che, insieme al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, si è tenuto martedì scorso con il presidente Erdogan ad Ankara. La Presidente della Commissione europea, dopo un iniziale momento di sorpresa e disappunto, si è poi accomodata sul sofa presente nella stanza, da ciò il caso è stato soprannominato “sofagate”.

Chi conosce le regole di protocollo internazionale sa che ogni gesto, anche il più piccolo, ha la sua valenza. E, dunque, non è un dettaglio che il Presidente turco abbia relegato la Von der Leyen a sedersi sul divano. La sedia per lei non c’era. C’era però per lui e per il Presidente del Consiglio europeo che, senza battere ciglio, ha preso posto accanto a lui.

Secondo le autorità turche, al contrario, sarebbero state rispettate tutte le regole di protocollo dell’UE: avendo il Presidente del Consiglio europeo una carica superiore, questo è stato fatto accomodare accanto al presidente turco Erdogan su due sedie, con dietro le bandiere dei rispettivi Paesi, mentre la Presidente della Commissione europea ed il Ministro degli esteri turco, “ranghi inferiori”, sono stati relegati agli angoli sui rispettivi sofa. Hanno aggiunto inoltre che lo staff di Michel era a conoscenza della disposizione delle sedie anche per il successivo pranzo e che dunque si sia voluto lasciare la Von der Leyen più in disparte.

Le polemiche sono state feroci, in quanto l’episodio è stato visto come un doppio attacco, al ruolo ricoperto dalla Von der Leyen nell’UE e al suo ruolo in quanto donna. In seno al Parlamento europeo sono state già presentate dal Partito Popolare Europeo, dai Verdi e dai Socialdemocratici richieste di discussione su quanto accaduto, nella prossima riunione del Parlamento europeo. Secondo l’ufficio del cerimoniale del Consiglio Europeo, l’origine dell’incidente risiede nella severa interpretazione dalla parte della Turchia, aggiungendo che il cerimoniere della Commissione europea non era presente all’incontro, per ragioni legate al Covid-19, mentre quello del Consiglio europeo ha avuto accesso solo ad alcuni spazi dell’edificio ma non alla stanza in questione, in quanto troppo vicina all’ufficio del presidente turco Erdogan. Dunque regole di sicurezza e protocollari avrebbero creato questo spiacevole incidente. Dominque Marro, direttore del cerimoniale del Consiglio europeo ha chiarito che per i Paesi terzi c’è una chiara distinzione tra il Capo di Stato, ruolo che in questo caso era ricoperto dal presidente del Consiglio europeo Michel e il Primo Ministro, rappresentato dalla Von der Leyen. Ma la bufera non è finita qui.

Giovedì sera, durante la conferenza stampa tenuta dal presidente del Consiglio italiano Draghi, in merito al piano vaccinale e alle restrizioni regionali, un audace giornalista ha spostato l’attenzione sull’episodio di Ankara, chiedendo a Draghi il suo parere in merito. Quest’ultimo non ha utilizzato mezzi termini e non si è di certo tirato indietro: “Non condivido il comportamento di Erdogan nei confronti della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. […] mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che ha dovuto subire. Con questi dittatori, di cui però si ha bisogno, per collaborare uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese, bisogna trovare l’equilibrio giusto”.

Ovviamente, come immaginabile, la parola utilizzata per Erdogan, dittatore, non è passata inosservata. Il Governo turco ha subito richiamato l’ambasciatore italiano ad Ankara per consultazioni, ed il ministro degli esteri turco Mevlut Cavusoglu ha espresso tutto il suo rammarico per la vicenda, chiedendo le scuse formali del premier Draghi, accusato di usare una “retorica populista”. Non è escluso che le scuse possano arrivare, sebbene per ora tutto taccia. 

Di certo non ci si aspettava una dichiarazione tanto forte dal premier Draghi. “Finalmente qualcuno che dice la verità”, si legge sui social network. Certamente il suo aplomb e il suo approccio “Realpolitik” sono sfumati di fronte ad un episodio così spiacevole, anche se avremmo voluto la stessa schiettezza anche nell’incontro di pochi giorni fa in Libia. O forse questa sua reazione è in linea con il suo essere convinto europeista ed ex direttore della BCE, e dunque il trattamento riservato alle istituzioni delle UE da parte della Turchia sicuramente gli avrà fatto storcere il naso. E sebbene i veri nodi nelle relazioni con la Turchia riguardino i trattati sui migranti, il rispetto dei diritti fondamentali, la libertà di espressione, di stampa ed interessi geopolitici e strategici, il trattamento riservato alla Von der Leyen non può passare inosservato. Ora resta solo da chiarire da quale parte sia nata la mancanza. A livello simbolico questo affronto parla chiaro. E dai simboli, dalle parole, nascono i comportamenti e le azioni.

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