Napoli esoterica

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Incisione del 1754 ritraente Raimondo di Sangro (Fonte: Wikipedia)

Raimondo di Sangro, principe di Sansevero (Torremaggiore, 30 gennaio 1710 – Napoli, 22 marzo 1771), è stato un nobile, esoterista, inventore, anatomista, militare, alchimista, massone, mecenate, scrittore, letterato e accademico italiano, originale esponente del primo Illuminismo europeo.

Quest’uomo misterioso è stato fonte di numerose leggende napoletane dovute al suo eclettico comportamento e ai suoi studi particolari. Figura poco riconosciuta nell’ambito partenopeo ma importante esponente dell’Illuminismo europeo. Il fascino di questa mente non si trova esclusivamente nella sua genialità poliedrica, ma soprattutto nei suoi interessi mistici e insoliti.

Egli nacque in Puglia, ma fu cresciuto dal nonno a Napoli nel palazzo di famiglia a san Domenico Maggiore; a soli sedici anni divenne settimo principe di Sansevero. Grande mente illuminata del tempo riuscì ad ottenere il consenso di Benedetto XIV per poter accedere ai libri proibiti, un elenco di pubblicazioni proibite dalla chiesa cattolica. Qui gli si aprì un immenso mondo segreto, leggendo numerosi libri di illuministi radicali, filosofi, testi alchemici e massonici. Nonostante l’insaziabile fame di letture, Raimondo era anche un abilissimo inventore e negli stessi anni inventò tecniche di stampa simultanea a più colori, realizzò addirittura panni impermeabili che regalò a Carlo di Borbone, che dal 1734 aveva assunto la guida del Regno di Napoli. Gennaro Aspreno Galante, nella sua Guida sacra della città di Napoli del 1872,lo descrive così: “Era costui uomo di vasto, versatile e strano ingegno, nacque il 1710, fu educato nel seminario romano, ai 20 anni ritornò in Napoli. Molte cose si narrano di lui, fu versatissimo nelle scienze fisiche, chimiche, artistiche e militari, conobbe le lingue greca, ebraica, siriaca e arabica, studiò i più celebri Teologi, meditò i Padri della Chiesa, fu inventore della cromolitografia, imprimendo diversi colori ad un sol colpo di torchio; colse varie palme nella battaglia di Velletri; fu avido d’intraprendere, impaziente di compire, curioso d’investigare, facile a ritrovare, morì nel 1771”.

Il nome di Raimondo è indissolubilmente legato famosa Cappella Sansevero di Napoli, nella quale non solo troviamo la sua tomba ma è anche uno dei musei più importanti della città. Egli fu l’ideatore dell’apparato artistico della cappella, infatti il luogo è definibile come tempio massonico dovuto alla quantità di simbologie che egli inserì quasi ovunque. Fu infatti nel 1737 che aderì alla Massoneria, un’associazione dagli ideali illuministi, diventando Gran Maestro della massoneria napoletana, che fu poi costretto ad abbandonare per l’emanazione di un editto da parte del re Carlo III che prevedeva una condanna per chi frequentasse tali associazioni. Ciò non demoralizzò Raimondo che decise di costruire un laboratorio chimico nei sotterranei del suo palazzo nel quale si dilettò in varie creazioni, arrivando a fabbricare addirittura, con la collaborazione del medico Giuseppe Salerno, delle inquietanti macchine anatomiche, ovvero degli scheletri in posizione eretta nei quali è possibile osservare molto dettagliatamente l’intero sistema artero-venoso. I racconti dell’epoca narrano di strane luci e rumori notturni che provenivano dal suo laboratorio come fosse un’anticipazione del dott. Frankenstein nel racconto di Mary Shelley.

Benedetto Croce, in alcuni scritti, riprende la leggenda del Principe, in particolare tutto il mistero che avvolge le due macchine anatomiche, tanto perfette da poter essere realizzate solo iniettando nei corpi una sostanza da lui creata che trasformò il sangue in metallo: “fece uccidere due suoi servi” per “imbalsamarne stranamente i corpi”; “ammazzò […] nientemeno che sette cardinali” per ricavare dalle loro ossa e dalla loro pelle altrettante sedie; accecò Giuseppe Sanmartino, autore del Cristo velato, affinché egli “non eseguisse mai per altri così straordinaria scultura”; “riduceva in polvere marmi e metalli” ed “entrava in mare con la sua carrozza e i suoi cavalli […] senza bagnare le ruote”. Sul capolavoro del Sanmartino, poi, è sorta quella che è probabilmente la più diffusa e la più inossidabile delle leggende, secondo cui il principe avrebbe “marmorizzato” attraverso un procedimento alchemico il velo del Cristo. (Benedetto Croce, Scritti di storia letteraria e politica). Qui Croce ci descrive addirittura delle strane circostanze della morte del principe: “Quando sentì non lontana la morte, provvide a risorgere, e da uno schiavo moro si lasciò tagliare a pezzi e ben adattare in una cassa, donde sarebbe balzato fuori vivo e sano a tempo prefisso; senonché la famiglia […] cercò la cassa, la scoperchiò prima del tempo, mentre i pezzi del corpo erano ancora in processo di saldatura, e il principe, come risvegliato nel sonno, fece per sollevarsi, ma ricadde subito, gettando un urlo di dannato”. Questi fantasiosi racconti danno enorme spazio alla nostra fantasia, lasciandoci immaginare un uomo che all’epoca probabilmente avrebbero potuto tranquillamente definirlo come incarnazione del diavolo. Oggi questi racconti non fanno che suscitare fascino e curiosità anche se nel 2008 i ricercatori dell’University College London, dopo aver eseguito esami scientifici sui modelli di macchine anatomiche, hanno scoperto che gli scheletri sono effettivamente umani, ma i sistemi circolatori sono artificiali e creati con filo metallico, cera colorata e fibre di seta.

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