I cileni sfidano il governo

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La solidarietà è uguale in ogni parte del mondo. Non conosce concetti di nazione, frontiere o distinzioni sociali. Quello che è stato il lockdown qui da noi in Italia, insieme a tutte le difficoltà e paure che ha portato, è stata solo una piccola parte di un fenomeno così diffuso e devastante. Mentre qui da noi la normalità stenta a ritornare, in altri posti del mondo la pandemia è ancora feroce. L’America latina continua ad avere contagi sempre più alti e se vi state domandando perché prima ho chiamato in causa la solidarietà è perché in Cile, quel piccolo ma lungo paese alle “spalle” dell’Argentina, si sono sviluppate le ollas comunes. Per rendere meglio l’idea a chi non conosce i fatti, potrei paragonare questo fenomeno al “panaro solidale”, quella cesta posta nei vicoli “sgarrupati” di Napoli, in cui chi poteva lasciava dei beni di prima necessità ai più bisognosi. In assenza dello Stato, c’è anche da raccontare la bellezza dei gesti più umani. Queste ollas comunes sono tutt’oggi, nel Cile delle rivolte e della pandemia, delle organizzazioni di quartiere, che non lasciano indietro nessuno. Dall’assistenza “medica” alle donazioni di alimenti, in maniera arrangiata e con le difficoltà del caso, ma “solo el pueblo ayuda el pueblo” (solo il popolo aiuta il popolo) e questo i cileni lo sanno bene.

Nonostante un bizzarro disinteresse mostrato dai media mondiali, le barricate che bruciano per le strade di Santiago (e non solo) sono arrivate all’orecchio di tanti. La tecnologia ci ha aiutati a sapere che quella che era la piazza principale della capitale cilena: Plaza Baquedano, ad oggi google maps la denomina Plaza de la Dignidad. Grazie alla volontà popolare, anche la tecnologia dei potenti si è mossa. Insomma dal 18 ottobre 2019 ad oggi, in quel lungo pezzo di terra chiamato Cile qualcosa si muove e ha tutta l’impressione di esplodere. Il governo, rappresentante di quel modello neoliberista, che ha reso il Cile laborioso e silenzioso durante questi ultimi 30 anni, in realtà si sgretola sotto i colpi della repressione e dei proiettili di gomma sparati dai carabineros. Proiettili che continuano ad accecare giovani manifestanti, manco fossero in una dittatura con a capo Pinochet. Durante questi mesi infestati dal Covid-19, i manifestanti – e quando parliamo di manifestanti non parliamo di un’organizzazione bensì di una massa eterogenea che va dagli studenti dei licei, sino ai vecchietti che hanno vissuto quegli anni orribili – non hanno smesso di lottare. Testimonianza di ciò è il fatto che durante questi giorni è infiammata la protesta per ritirare il 10% dei fondi pensionistici privati. In Cile ogni lavoratore deve depositare mensilmente una percentuale del proprio stipendio, in una Amministrazione di Fondo Pensionistico (AFP), privata. La forza delle proteste ha fatto traballare quel sistema pensionistico, che ha le proprie radici nella dittatura di Pinochet, tanto che mercoledì 8 luglio, il governo, con un grande nodo in gola, ha approvato la richiesta dei cittadini. Il ritiro del 10% dell’AFP ha fatto drizzare i capelli alla coalizione di destra, mentre è stato cavalcato dai partiti di sinistra. Ma ciò che desta grande interesse è che i cileni, non hanno spalleggiato la sinistra parlamentare, bensì hanno rivolto lo sguardo oltre il periodo attuale, denunciando questa presa di posizione della sinistra come semplice accattonaggio per ri-conquistare qualche voto alle prossime elezioni. Le piazza infuocate dunque sono senza un leader e continuano nel non cercarlo nei palazzi del potere. Insomma un forte esempio di sfiducia nello stato, che non ha portato i cittadini all’anarchia bensì a delle richieste politiche e sociali ben precise, meglio di qualsiasi altro partito. Intanto, la voglia di verità sfida le vecchie abitudini omertose del passato, escono così a galla sempre più report e documenti che testimoniano la grande violazione dei diritti umani in atto dall’inizio dell’Estadillo Social. 1.362 denunce da parte di minorenni che segnalano percosse ingiustificate per mano della polizia, ragazze che gridano agli abusi sessuali subiti all’interno delle caserme. Su questi temi il governo non è mai intervenuto veramente, bensì Pinera ha fatto infuriare il proprio popolo: insensibilmente l’amministrazione ha investito 10.000 pesos per prodotti gourmet da servire durante le cene istituzionali. Ai governanti di questo mondo piace soffiare sul fuoco o non conoscono la potenza distruttrice di un incendio? Gli incendi oramai sono all’ordine del giorno in Cile, così come gli scontri e le barricate. Quando i cileni potranno liberamente uscire dalle proprie case, cosa accadrà?

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