Era ora!

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Finalmente qualcosa si muove. La stampa nazionale (Corriere della Sera, la Repubblica, il Fatto Quotidiano ed altri) ci ha fatto sapere nei giorni scorsi che l’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) ha diffidato Mediaset in relazione a due episodi verificatisi di recente nel corso della trasmissione “Fuori dal coro”. Fa piacere che l’organo di garanzia si sia dato una mossa, considerato che da molti, non a torto, è accusato di tendere all’inerzia a causa dei criteri di nomina dei suoi membri che lo rendono, secondo una parte autorevole della dottrina, “semi-indipendente”.

Causa della diffida è stata la reiterazione di comportamenti omissivi da parte di un conduttore, quel Mario Giordano radicato da qualche decennio nelle reti Mediaset ma itinerante nella carta stampata con continui rimbalzi tra Il Giornale, Libero e La Verità, il quale non avrebbe adeguatamente contrastato le affermazioni razziste di Vittorio Feltri  nei confronti dei meridionali, definiti “inferiori”. Giordano avrebbe inoltre disatteso l’obbligo di fermare “l’incitamento all’odio” affiorato nel corso del suo programma, circostanza che non sorprende visto che già nel 2016 fu censurato dal Consiglio di Disciplina Territoriale dell’Ordine di Giornalisti insieme a Maurizio Belpietro per aver diffuso odio etnico nei confronti dei rom.

Altrettanto permissivo è stato poi l’atteggiamento del Giordano nei confronti delle gravissime accuse rivolte da Iva Zanicchi, già cantante di successo e poi eurodeputata berlusconiana, agli immigrati che a suo avviso “vengono per spacciare e se possono stuprano”. Vien fatto di pensare che il programma guidato da Giordano, piuttosto che “Fuori dal coro”, dovrebbe chiamarsi “Fuori dall’Ordine dei Giornalisti”. Quest’ultima circostanza si è peraltro concretamente verificata qualche settimana fa quando Vittorio Feltri ha lasciato l’Ordine lamentando di sentirsi perseguitato dalle continue accuse di razzismo e di sessismo rivolte ai titoli di Libero. Feltri ha spiegato che ritiene ingiuste tali accuse perché di quel quotidiano è “direttore editoriale” e non “direttore responsabile” (il Fatto Quotidiano del 26 giugno 2020). Aldilà delle recenti accuse sta di fatto che l’Ordine nel 2010 lo sospese per sei mesi e che Feltri è stato più volte citato in giudizio per diffamazione o per espressioni razziste.

Ora, perché l’Ordine dei Giornalisti non dovrebbe intervenire, con i provvedimenti disciplinari di cui dispone, per tutelare l’onorabilità della categoria professionale che rappresenta? Non che sia facile per un cronista mantenere un freddo distacco da ciò che deve raccontare: anche il più onesto dei giornalisti non riuscirà ad essere del tutto imparziale; l’oggettività assoluta nell’informazione è una chimera e questa fu la conclusione alla quale giunsero i partecipanti ad un forum chiarificatore che Eugenio Scalfari promosse su l’Espresso verso la fine degli anni Sessanta: alla asettica descrizione dei fatti si avvicinano, forse, le sole agenzie di stampa.

Una cosa però è che l’orientamento personale dell’autore possa trapelare da un suo articolo o da un suo commento, altra cosa è invece propagandare le posizioni che il partito, o i partiti, di riferimento prendono di volta in volta in merito alle vicende del Paese, adottando peraltro un linguaggio sistematicamente aggressivo, oppositivo a prescindere (cioè privo di argomentazioni solide) e spesso irridente se non addirittura sprezzante nei confronti degli avversari politici. Questo cliché risulta funzionale non solo agli interessi di partito ma anche a quelli delle emittenti televisive votate, come abbiamo ripetuto fino alla nausea, ad incrementare le entrate pubblicitarie alimentando le risse televisive.

Vi siete mai chiesti perché sulle reti televisive si vedono raramente un Fontana, direttore del Corriere della Sera, o un Molinari, neo direttore di la Repubblica o il suo predecessore Verdelli, mentre imperversa la schiera onnipresente dei Sallusti, dei Senaldi, dei Borgonovo, dei Belpietro, dei De Manzoni e via dicendo? Bene, continuate a non chiedervelo perché la risposta sarebbe amara. Lo sbilanciamento delle emittenti verso i sostenitori della destra, sovranista e non, c’è e fa rimpiangere quella par condicio ante litteram che rispettavano le compiante “tribune politiche”, nelle quali tutti i partiti avevano un predeterminato spazio. L’attuale asimmetria si evidenzia ancor di più se si considera che le tirature di Il Giornale, di Libero e di La Verità, messe insieme, rappresentano meno di un terzo di quelle del Corriere della Sera, di la Repubblica e di La Stampa: 270.000 a fronte di 940.000 (fonte Wikipedia).

Insomma la destra sovranista è sovra-rappresentata con le conseguenze che possiamo ravvisare nel comune sentire degli italiani, che scivola verso uno strisciante razzismo ma anche verso uno stato d’animo sempre più insofferente e rancoroso nei confronti delle istituzioni, di tutte le istituzioni, comprese quelle che pertengono alla sfera etico-religiosa come la Chiesa e le Ong. Se questo è il contesto, plaudiamo quindi con moderata soddisfazione a questo sussulto dell’Agcom; a proposito di questa Autorità, apprendiamo con disappunto (la Repubblica dell’11 luglio scorso) che i vertici dell’Agcom, come quelli di altre autorità di garanzia, sono scaduti da mesi e che le nuove nomine, causa lo stato di emergenza pandemia probabilmente prolungato a tutto il 31 dicembre, avverranno non prima del prossimo mese di febbraio e soprattutto non prima che trovino un accordo i Presidenti delle due camere del Parlamento, cosa abbastanza problematica. E quindi, poiché una rondine non fa primavera, prepariamoci al peggio.

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