“C’è un tempo per demolire e un tempo per costruire”

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Villa Doria Pamphilj (Fonte: Wikipedia)

Siamo agli “Stati Generali”. Nei commenti di questi giorni si è giocato molto con il richiamo a tutt’altra storia, quella della Francia di fine ‘700, una Francia pre-rivoluzionaria. Un gioco che è diventato uno sberleffo; se sarà vera gloria, ai posteri l’ardua sentenza. Al momento qualche riflessione a partita aperta va fatta sulla serie di incontri “Progettiamo il Rilancio”, iniziata il 13 giugno scorso.

Più che un azzardo questa del Presidente Conte, e dei suoi poco entusiasti alleati di governo, ci sembra un’operazione cauta, suggerita dalla preoccupazione di gestire la grande quantità di risorse finanziarie come cibo su una tavola imbandita per insaziabili commensali. La temporanea neutralizzazione della politica, che questa operazione sembra innescare, è rivolta, a detta dei promotori, alla ricerca e allo scambio di idee per favorire azioni di interesse generale per il Paese, promuovendo un patto con i detentori di interessi economici e sociali prima ancora che con gli ipotetici e reali partiti che li rappresentano: gli imprenditori hanno bisogno di una stabile compagine governativa o hanno idee da proporre per una efficace e organica politica industriale?I sindacati cosa hanno da proporre per il lavoro, per rilanciare l’occupazione e contrastare le politiche di sfruttamento alle quali abbiamo assistito e che chiamano in causa le relazioni con i datori di lavoro? Non sono temi contrapposti, perché una buona politica industriale oggi non può non tener conto anche dei lavoratori.

Si sta tentando di sparigliare i soliti giochi che forzano la politica su strade predefinite con operazioni poco trasparenti: da villa Pamphilj nessuno potrà uscire simulando una parte da vincitore o da vinto perché non è la sede dove si cercherà una mediazione e, per questo, avviene fuori dal Parlamento. Al momento tutti chiedono concretezza e immediatezza evocando lo spauracchio di un’incombente sciagura economica, ignorando che questo momento richiede una tappa di profonda riflessione per intercettare delle buone idee e per non tornare più alla vecchia normalità di cui abbiamo già sentore. Una “mossa” che è difficile criticare a tavolino al di fuori delle turbinose sale del Palazzo (a tal proposito andrebbe riletta la relazione della Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta dall’on. Rosy Bindi) e che riteniamo sbagliato etichettare come una passerella inconcludente. Quello a cui stiamo assistendo è in qualche modo un azzardo ambizioso e non sappiamo ancora se potrà diventare un pungolo per future operazioni di chiarezza e di trasparenza. Ai tanti scettici e a quella destra parolaia e rissosa va ricordato che, mentre ai tempi del governo Berlusconi dall’Europa arrivavano lettere segrete e che il governo Monti e il suo programma furono decisi fuori dall’Italia, a villa Pamphilj i vertici europei hanno interloquito con il Governo italiano in pubblico.

Conte ha trascinato il Governo in campo aperto e questa decisione diventa più chiara tenendo conto della sua particolare e anomala autonomia politica; non avendo nessun partito di riferimento che lo sostiene è libero di introdurre nuove dinamiche che spingono i soggetti interessati ad esplicitare le loro posizioni. Siamo convinti che senza esplorare nuove e inusitate strade, ossia senza idee, si rischia di fare le cose alla solita maniera, raffazzonate e illusoriamente risolutrici, riproponendo una falsa idea di pacificazione sociale. Le scelte di politica economica non sono mai “neutre”, il conflitto tra interessi è ineliminabile: i lavoratori e gli imprenditori come altri soggetti non sono alla pari, ma ci sono dei momenti storici dove il fulcro di un comune astratto interesse generale va cercato e rafforzato,come accadde dopo il fascismo con la stesura e adesione alla Costituzione, pena lo svuotamento degli strumenti democratici. In questo possiamo paragonare il confronto avviato a villa Pamphilj ad una crisi di governo “informale”, una rivisitazione extraparlamentare dei tanti rimescolamenti a cui sono soggetti tutti i governi di coalizione, ma questa volta basati sull’esplicitazione degli interessi rappresentati che possono diventare suscettibili di sintesi politica. È un tentativo di evitare l’ennesimo governo tecnico falsamente super partes. Per questo ci sono stati dei malumori anche nella maggioranza di governo.

Nei fatti l’operazione sta sfidando anche l’insano utilizzo dei sondaggi che ogni volta configurano nuove maggioranze invocando una generica opinione pubblica. Del resto, a rifletterci, che cosa esprimevano le piazze piene di sardine se non l’esigenza di ristabilire un confronto politico più civile, ma come arrivarci non è ancora chiaro. Questa iniziativa è una svolta inaspettata che ci ricorda quanto fatto dai Costituenti, che vollero la creazione del CNEL, il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.

Il problema è che quanto sta avvenendo registrerà lo stato dei rapporti di forza nel Paese. Non esistono strumenti tecnicamente neutrali, anche in abbondanza di risorse disponibili, per contrastare l’impoverimento di una fascia della popolazione sempre più ampia, senza compiere scelte precise. È impossibile garantire accettabili livelli salariali, tempi di lavoro in condizioni normative e sostanziali accettabili per milioni di lavoratori dipendenti divisi tra quelli con contratto di lavoro a tempo indeterminato, a tempo determinato, o senza contratto, senza intaccare le rendite di posizione. In Italia il futuro di tanti giovani, ibernato ancor prima della crisi sanitaria, non potrà essere ignorato. Fermare la devastazione ambientale è scelta politica che si avvale delle conoscenze scientifiche e tecniche. Così come lavorare per il superamento della disparità territoriale, che è forse la maggiore caratteristica dell’Italia contemporanea, non è solo questione tecnico-amministrativa ma squisitamente politica. E queste sono solo alcune delle questioni non risolte e che oggi potrebbero essere affrontate viste le inaspettate e imprevedibili disponibilità finanziare disponibili.

Gli incontri e le consultazioni in corso a villa Pamphilj sono da questo punto di vista solo una tappa e non ci aspettiamo un programma del governo da approvare in Parlamento, ma una volontà della politica – una volta ascoltati esperti, studiosi, parti sociali e partner europei – di prendere decisioni rivendicando poi l’assunzione di responsabilità delle scelte compiute, è quello che abbiamo definito il superamento dei vincoli interni ancor prima del posizionamento sullo scenario internazionale.

Fortunatamente si è in tanti – intellettuali, studiosi, politici, giornalisti – a porre con forza una questione: non possono esserci democrazia, riforme, scontro e confronto politico civile e fruttuoso se in Italia non si lavora per sradicare il cancro della corruzione e del malaffare che anche questa volta cercherà di mettere le mani sul “bottino”. E tra il malaffare rientra a pieno titolo l’evasione fiscale. Il Governo assicura che non ci saranno nuovi condoni e sarà necessario vigilare che mantenga la promessa. Nel frattempo una buona notizia: il ministro Roberto Speranza ha annunciato il mega accordo internazionale stipulato tra alcuni paesi europei per produrre entro l’anno il vaccino contro il virus assassino. Non si sa ancora se quello in sperimentazione ad Oxford sarà quello giusto, ma certo si è stabilita una regola: qualsiasi vaccino sarà disponibile per tutti, secondo una logica universalista di protezione della salute. Questo è il fare dettato da buone idee.

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