Diario di un “segregato”: 30 aprile 2020

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Assediati dal coronavirus azzardiamo di tanto in tanto qualche sortita. La più inevitabile è quella dedicata, con tanto di autocertificazione, all’acquisto del quotidiano. Mentre, infatti, la comunicazione televisiva, anche nei rarissimi casi in cui ci dà notizie chiare ed esaurienti, impone i suoi tempi, il giornale si presta, senza alcun limite, alla nostra voglia di conoscere e di capire perché possiamo sospenderne la lettura o ripeterla come più ci aggrada. Quindi della carta stampata non si può fare a meno, sia essa impaginata in un libro o in un giornale, perché entrambi ci rendono liberi.

Per quanto riguarda i libri mia moglie, che pure è un’accanita lettrice, ne ha però piene le scatole ed anche gli scaffali, gli armadi e i cassetti. Infatti, anno dopo anno le ho riempito la casa di libri e di dischi, tant’è che, temendo di trovarne anche nei cassetti dove non dovrebbero esserci, chiede a me di aprirli per prendere ciò che le occorre. Ed io stesso a volte gioisco, segretamente, per avervi ritrovato inaspettatamente un libro o un disco di cui avevo perso memoria.

Al dato meramente quantitativo della dotazione biblio-discografica, già di per sé indigesto, va aggiunto poi quello relativo alla sua provenienza: la gran parte è costituita da oggetti di seconda mano, acquistati per lo più nei vari mercatini dell’usato che amo frequentare. Mia moglie non ce la fa più anche perché non di rado esalano quel vago sentore di “peruto” che non tutti gradiscono. A me invece piace perché anche il “peruto” può raccontare una storia: per esempio, anni ed anni di custodia in un ripostiglio umido o fuori ad un balcone. Alle proteste che mi accoglievano al mio rientro dai mercatini delle pulci con i borsoni pieni cercavo di rimediare dicendo con aria idiota che almeno le pulci le avevo lasciate là.

Di tanto in tanto provo astutamente a gratificare mia moglie esaltando in pubblico la sua santa pazienza. Ma lei non ci casca più e d’altronde da quando siamo isolati posso elogiarla soltanto in privato. L’avvento del coronavirus è stato quindi per lei una vera benedizione perché i mercatini per prudenza non li frequento più già da prima che chiudessero, e quindi il flusso di entrata si è provvidenzialmente fermato. A me invece i mercatini sono la cosa che più manca. E quindi devo arrangiarmi con le poche migliaia di dischi e libri che adornano la nostra casa.

Molte persone sole hanno un cane o un gatto che spesso carezzano affettuosamente. Io ho i libri. Nei momenti di tranquillità mi piace carezzarli, sfogliarli per ammirare, quando ci sono, la finezza dei caratteri tipografici o la consistenza della carta, l’impostazione del frontespizio. O anche cercare l’anno di pubblicazione e il “finito di stampare nelle officine grafiche di… nel …”. Insomma li amo, come amo i 33 giri specie quando sono contenuti in custodie eleganti, ricche di commenti, di foto ed altro. Però alla fine tutto torna. Proprio agli albori dell’epidemia avevo ceduto alle pressioni della mia compagna di cella riuscendo, con grande sacrificio, a selezionare i libri superflui. Si sarà capito che il concetto di libro “superfluo” mi è totalmente estraneo, un po’ perché ho letto meno della decima parte di quelli acquistati, illudendomi tutt’ora di poter leggere gli altri, ma anche perché gli stessi doppioni sono tali solo all’apparenza: il secondo acquisto, magari con la copertina telata, non rende inutile quello in brossura dell’edizione economica che ho letto da ragazzino e che rappresenta quindi un ricordo dal quale è doloroso separarsi.

Questo per spiegare quanto mi fosse costata l’individuazione di libri ai quali ero comunque affezionato. Fatto sta che, prima di procedere alla decimazione delle povere ed incolpevoli vittime, mia moglie ha voluto dare un’occhiata: “Fammi vedere cosa stai buttando”. Dopo di che se li guarda uno ad uno: “Ma come, stavi buttando questo?”; “E questo, ti ricordi, te lo regalai io!”. In conclusione i libri superflui stanno ancora qua, felici e contenti. Comunque non li avremmo mai gettati ma piuttosto regalati a qualcuno. Gettare un libro è peccato mortale.

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