Diario di un “segregato”: 19 marzo 2020

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Col trascorrere dei giorni e delle settimane il clima va peggiorando: le cifre della crisi da Covid-19 crescono impietosamente. Circondati come siamo da notizie a volte angoscianti, cerchiamo motivi di distrazione che ci permettano di allentare la tensione che sotto sotto sentiamo tutti. Ben venga quindi qualunque iniziativa capace di alleggerirci dalle preoccupazioni. Ho quindi immaginato che la tenuta di un diario “ai tempi del coronavirus”, condito con bonaria ironia, possa essere utile allo scopo per tutti: si tratta di ammazzare il tempo prima che il tempo ammazzi noi anziani, magari con la complicità del coronavirus.

Oggi è il quindicesimo giorno di una quarantena che diventerà nel tempo una cinquantena, forse una sessantena, sperando che non si finisca tutti a Natale con la novena

In realtà la quarantena di mia moglie e mia è iniziata anche prima perché ci siamo scambiati in pieno regime di comunione dei mali una di quelle influenze abbordabili, innocente omaggio dei nostri nipotini scolarizzati, che ci ha tenuto comunque in casa. Essendo anche vaccinati, oltre che adulti, la cosa non ha lasciato strascichi e quindi stiamo ottimamente a parte l’ipertensione che condividiamo da tempo e qualche acciacco assortito dovuto all’età. La noia non ci spaventa: tra l’assunzione di compresse, capsule, gocce, sciroppi e integratori le giornate volano.

Ma la quarantena vera e propria è più dura perché non può venirci a trovare più nessuno, né i figli né i nipoti. Certo, c’è chi sta peggio: penso alle persone sole che non hanno con chi scambiare una parola. Essere isolati in coppia è molto meglio: avere qualcuno che quando chiami non risponde, oppure che ti interrompe quando sei al telefono può essere di grande conforto.

Tra una pillola e una telefonata si trova comunque il tempo di tenersi informati e di seguire non solo gli sviluppi dell’epidemia in atto ma anche la cronaca politica con la quale si intrecciano. E così ti si apre il cuore alla speranza quando senti che il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ha deciso di risolvere l’emergenza della ricettività ospedaliera rispolverando, dopo averlo tirato fuori dal ripostiglio dei cattivi ricordi, Bertolaso. Si, proprio il “Protettore civile” che – a detta delle malelingue – andava in palestra non si sa bene per fare quale attività fisica. Lo abbiamo tutti visto mentre andava ad assumere, zaino in spalla e mascherina sul volto, il suo delicato incarico.

In perfetta sintonia Berlusconi, di cui Bertolaso era stato il “protetto civile”, ha annunciato che metteva a disposizione 10 milioni di euro per sostenere la rianimazione in Lombardia: più o meno la stessa cifra che aveva dispensato alle olgettine per la rianimazione sua e dei suoi fedelissimi.

Speriamo che l’accoppiata funzioni meglio di quanto non abbia fatto in occasione del terremoto dell’Aquila: la Lombardia non potrebbe tollerarlo, nelle condizioni disperate in cui si trova.

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