Eppur si muove

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Il ministro Provenzano

Dalla piatta e stanca cronaca politica e parlamentare, ormai segnata da rigurgiti individualistici e dalla sete di protagonismo di esponenti di partiti sia della maggioranza che dell’opposizione, abbiamo colto una notizia la cui importanza è pari alla poca enfasi che ha trovato sulle pagine dei giornali: il ministro Provenzano ha annunciato un piano di rilancio degli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, un piano decennale la cui prima trance sarà attivata da subito. Altra importante novità è che vengono reintrodotti meccanismi di riparto automatici degli investimenti pubblici tra le diverse aree del Paese. È da tempo che da più parti politiche, sociali e istituzionali, nazionali ed europee, si chiedeva al governo italiano di riaprire il cordone della borsa e di riattivare soprattutto al sud piani di investimenti pubblici. La decisione del Governo difficilmente troverà quindi oppositori espliciti anche perché la situazione economica e occupazionale nel Mezzogiorno ha, da tempo, superato ogni possibile livello di guardia. Tra i ministri di questo Governo Giuseppe Provenzano spicca per capacità e competenze, e i suoi 38 anni sembrano davvero essere stati finora ben spesi. Il problema però rimane ancora una volta lo stesso: sarà necessario fare i conti con un sistema sociale, politico, economico e tecnico-organizzativo davvero poco recettivo a processi innovativi come si è dimostrato fino ad oggi al sud Italia. Già perché nei 150 e più di anni di storia unitaria, al sud sono stati spesi davvero tanti soldi pubblici e i risultati sono sotto agli occhi di tutti. Molte inchieste, non solo giudiziarie, hanno mostrato come spesso gli annunciati investimenti al sud nei fatti hanno favorito più altre aree del Paese dove erano collocate le imprese industriali fornitrici di beni e servizi da distribuire al sud. Ogni volta che si sono allargati i cordoni della borsa a beneficiarne sono stati i faccendieri, talvolta affiliati alle grandi organizzazioni malavitose, che hanno saputo intercettare le filiere finanziarie. A questo si sono aggiunti burocratismi, inadeguatezza tecnico-amministrativa degli enti pubblici territoriali che, anche quando non c’era esplicito dolo, hanno determinato dispersione di risorse.

Provenzano è ben consapevole che sarà difficile contrastare pratiche consolidate agendo dal centro senza raccordarsi con le politiche degli altri ministeri, con i luoghi destinatari dei finanziamenti e con gli attori del sistema civile, politico e amministrativo, coinvolgendoli attivamente anche per contrastare la mala amministrazione. In tutti i territori del sud a fare da padroni ci sono le organizzazioni malavitose che presidiano il territorio e impediscono ogni sviluppo di iniziative innovative. Quindi un ruolo veramente determinante spetta alle forze dell’ordine e alla magistratura. Sindacati e imprenditori dovrebbero anche loro fare meglio la loro parte. Pure le Università meridionali, i famosi centri dai quali dovrebbero emergere nuove generazioni di professionisti e di tecnici, sono parte di un sistema inefficiente e inefficace con l’aggravante che in quei luoghi si sono spesso snaturati il ruolo e la funzione della cultura nel suo senso più alto. Avere tanti dubbi e preoccupazioni non può essere motivo per contrastare una inversione di tendenza nel rapporto tra Stato ed economia così come appare dalle misure messe in piedi dal Ministro. Si tratta invece di capire che, per ricavare il massimo beneficio da nuovi investimenti pubblici nel Mezzogiorno, sarà necessario adottare anche semplici ma immediate misure organizzative. In questi giorni la discussione parlamentare e il confronto nel Governo stanno assumendo toni di scontro sulla riforma del sistema giudiziario, ma si discute solo di prescrizione e non sulle interminabili lungaggini dei processi penali e civili che consentono ai peggiori di farla franca e agli innocenti di marcire in galera. Che dire poi delle pubbliche amministrazioni? In questi ultimi anni si fa molto sentire l’invecchiamento dei dipendenti, l’assenza di un ricambio generazionale. Il sindacato urla “assunzioni subito!”, ma pochi riescono a dire per fare cosa e come farlo. Le pubbliche amministrazioni continuano ad essere degli enormi carrozzoni inefficienti ed inefficaci. Molte delle pratiche amministrative di un ente hanno un riscontro solo verso un’altra amministrazione in una catena che pare interminabile e che serve solo ad allungare i tempi e a rendere difficile la vita ai cittadini-utenti. Nel nostro Paese dove sono state nei secoli inventate straordinarie macchine organizzative di cui ancora oggi il mondo intero beneficia, prima fra tutte l’invenzione della carta moneta e delle banche, sembriamo rimasti al palo e a fronte delle enormi possibilità offerte dalle nuove tecnologie informatiche, gli uffici pubblici continuano ad essere sommersi da carte inutili e ridondanti. Al Ministro per il sud non si può chiedere di fare tutto da solo, certo. Ecco al sud, ma forse in tutto il Paese, dovremmo imparare a lamentarci meno e a proporre di più, agire fiduciosamente è un obbligo morale nei confronti delle generazioni più o meno giovani, un compito che non spetta quindi solo ai politici. In questa Italia imbalsamata, qualcosa pur si muove, sarebbe un tragico errore non coglierne le opportunità.

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