Le cervicalgie statiche

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In quest’articolo tratteremo delle cervicalgie statiche, le più diffuse dell’epoca post-industriale perché riguardano sia il settore lavorativo che quello dello svago, mentre quelle post traumatiche, pur riconoscendo una sintomatologia più o meno sovrapponibile, hanno una causa diversa.

Il segmento cervicale della colonna vertebrale, composto da 7 vertebre disposte in lordosi, cioè con curva laterale a concavità posteriore come il tratto lombare, è anche un sistema di unità funzionali che svolgono due ruoli diversi e complementari. L’unità anteriore, composta dal corpo della vertebra e dal disco intervertebrale, ha essenzialmente una funzione di sostegno e di assorbimento del carico e degli urti. Quella posteriore, composta dagli archi, le articolari, i processi trasversi e spinosi, ha invece funzione di guida del movimento, per l’inserzione dei muscoli nelle sue porzioni.

La colonna cervicale in assetto statico, come già detto, presenta una evidente curvatura lordotica. Questa si pone in equilibrio con la linea di gravità immediatamente al di sopra della curvatura cifotica dorsale, la quale a sua volta insiste su quella lordotica lombare. È quest’ultima la curva “primaria”, quella cioè dalla quale dipendono le curve sovrastanti, che è a sua volta subordinata all’angolazione della base dell’osso sacro. L’equilibrio statico in sostanza dipende dal fisiologico allineamento di queste curve per il mantenimento di un corretto equilibrio posturale: la variazione del raggio di una delle curve deve essere perciò compensata da una proporzionale e simmetrica variazione del raggio delle altre due, se si vuole ripristinare l’equilibrio statico della colonna. Per chiarezza farò due esempi che riguardano la curva lombare e quella cervicale, dai quali si evince la necessità dei compensi. Una donna gravida agli ultimi mesi o una persona obesa con un addome prominente nella stazione eretta o una donna che ama portare quotidianamente scarpe con i tacchi, per evitare di cadere in avanti inarca la colonna lombare (aumentandone quindi il raggio) e per compenso, cioè per mantenere l’equilibrio, modifica anche le curve sovrastanti, stressandole e creando le condizioni per l’insorgenza della cervicalgia, oltre che per la lombalgia. A livello cervicale succede lo stesso. Qualsiasi condizione che determina un aumento o, più frequentemente, una riduzione della curva (la cosiddetta rettilineizzazione nei casi estremi, come nel colpo di frusta cervicale che segue a un tamponamento stradale) si riflette con un compenso nei distretti inferiori. Soffermiamoci su quest’ultima condizione, che è poi l’argomento che ci interessa. La postura è, in larga misura, espressione somatica immediata di emozioni e impulsi. Noi stiamo in piedi o seduti e ci muoviamo “come ci sentiamo”, riflettendo consciamente o inconsciamente nell’atteggiamento esteriore la nostra condizione interiore, la nostra personalità, l’ambiente stesso in cui viviamo. La postura, insomma, è una vera e propria forma di linguaggio, una manifestazione autentica dell’io individuale. Una persona stanca, avvilita o depressa si mostrerà con la parte alta del dorso esageratamente incurvata e le spalle cadenti; il collo, troppo arcuato, sosterrà il capo in una posizione anteriorizzata rispetto alla linea di gravità, e quindi squilibrata. La sovradistensione patita dai legamenti, lo stress discale, articolare e muscolare, a lungo andare si traducono più o meno rapidamente in dolore. Nell’epoca moderna invece abbiamo le due più diffuse condizioni responsabili dell’insorgere della cervicalgia: il cambiamento dell’ambiente e del tipo di lavoro e l’abuso dello smartphone. Nel primo caso, sono sempre di più i lavori di ufficio che ci obbligano a stare seduti per ore a una scrivania davanti allo schermo di un computer. Nel secondo è la diffusione enorme che hanno avuto gli smartphone, coi quali è possibile svolgere una parte del lavoro oltre che svagarsi e comunicare.

In quest’ultima condizione, come si può notare dall’immagine, oltre alla riduzione della curva (con relativa conseguenza di stress osteo-articolare) man mano che aumenta il grado di flessione aumenta anche il carico che grava sulle strutture osteo-discali. A lungo andare si comprenderà che l’effetto più immediato sarà il dolore al collo, al braccio e alle mani con formicolii e riduzione della sensibilità per compressione radicolare. Ne è testimone la vasta diffusione di questa patologia tra i giovani. Anche le ore passate davanti al computer hanno la loro parte di responsabilità, per le stesse condizioni posturali precedenti. Eppure basterebbe abbassare un po’ la sedia o alzare il tavolo per far si che l’angolo di incidenza tra lo schermo e lo sguardo non sia superiore ai 30 gradi. Capita spesso che al dolore si accompagnino anche le vertigini, soprattutto quando si guarda in alto o in auto ci si gira per fare la retromarcia. Questo si spiega per la presenza delle arterie vertebrali che portano sangue al cervello e che decorrono all’interno dei due omonimi forami vertebrali ai lati dei corpi vertebrali: quando vengono trazionate nelle condizioni posturali precedenti, riducono il loro calibro e quindi l’afflusso di sangue e ossigeno al cervello e provocano l’insorgenza di capogiri.

La sintomatologia dunque dipende essenzialmente dall’alterata statica del tratto. Volendo fare una similitudine, il rachide cervicale è simile a un arco che, quando si raddrizza, mette in ulteriore tensione la corda (vasi, nervi, legamenti, muscoli, articolazioni).

Avremo quindi dolore postero-laterale al collo, spesso irradiato alla spalla e al braccio, fino alle mani, dove sono più frequenti le parestesie e alterazioni della sensibilità. In questo stadio, ad aggravare i sintomi concorre anche la contrattura antalgica dei muscoli nucali, cui segue la rigidità e l’impotenza funzionale.

La terapia di questa forma (la più frequente) di cervicalgia si avvale dei comuni antinfiammatori, miorilassanti, riposo funzionale (collare morbido) ma soprattutto fisiochinesiterapia (caute trazioni, tecar, laser, onde d’urto e campi magnetici). La prevenzione è di fondamentale importanza, perché la cronicizzazione e le recidive innescheranno l’usura e l’erosione delle cartilagini articolari, cui segue la cervicoartrosi.

Per porre quesiti al dott. Salvatore Mazzeo (specialista in ortopedia, traumatologia, medicina dello sport), scrivete a drsmazzeo@libero.it

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