Il “coraggio” degli incoscienti

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Trattato di pace del 1919 tra gli Alleati e le potenze associate e la Germania. Le delegazioni riunite a Versailles (Fonte: Wikipedia)

Ormai è certo: nella coalizione di governo si confrontano due fazioni con comportamenti molto diversi tra loro. La fazione costituita dal PD e da LEU si è andata connotando con un atteggiamento di paziente sopportazione delle intemperanze quotidiane dell’altra fazione, costituita in realtà da due partiti distinti ma anche distanti tra loro: il M5S e Italia Viva. Entrambi sono costantemente in cerca di visibilità e nel M5S la cercano anche numerosi suoi esponenti.

L’ansia di poter esibire, in vista delle prossime elezioni politiche, un successo di partito o personale si concretizza nella pretesa di rispettare integralmente le proprie linee programmatiche, respingendo le mediazioni che si rendono pur necessarie in un governo di coalizione. L’aspirazione a non doversi mai confondere con gli altri partiti è giunta, in queste formazioni, fino al punto di presentare alle prossime elezioni regionali proprie liste o di non presentarne affatto, incuranti delle conseguenze che può comportare la mancata confluenza sul candidato che si oppone alla destra.

Poiché il contrasto tra la parte paziente della coalizione e quella più scalpitante si risolve per lo più nel cedimento della prima ai ricatti dei due gruppi che compongono la seconda, molti si chiedono perché il PD e LEU non abbiano opposto e tuttora non oppongano maggiori resistenze alle pretese, talvolta ricattatorie, dei due scomodi alleati.

Questa cedevolezza corrisponde né più e né meno alla paura che il M5S o Italia Viva possano far cadere il governo e che le conseguenti elezioni portino, con una probabilità molto prossima alla certezza, alla nascita di un governo di destra a guida leghista.

Questa prospettiva evidentemente non preoccupa i vertici del M5S e di Italia Viva. I nostri giovani e avventurosi leader si illudono che questa eventualità rientri nella normale dialettica dell’alternanza: oggi tocca a te e, se governi male, domani toccherà a me. Non avvenne così in Italia negli anni Venti né in Germania negli anni Trenta, né avviene oggi in Russia o in Turchia: non ci vuole molto a creare le condizioni per rinviare a tempo indeterminato le elezioni e per addomesticarle se inevitabili.

Il problema è che la generazione dei trenta-quarantenni non ha idea di quali danni possa provocare un governo con chiare tentazioni autoritarie, illiberali e razziste e ciò in quanto è priva della necessaria conoscenza storica.

Cosa gli italiani abbiano dovuto patire per effetto della dittatura fascista, della partecipazione al conflitto mondiale e della guerra civile che ne è seguita, lo sa chi ha vissuto quegli anni, magari ancora bambino o adolescente, o chi ne ha ascoltato il racconto dai genitori e dai nonni. Trentenni e quarantenni avrebbero potuto apprenderlo attraverso la scuola. Ma la scuola, lo sappiamo bene perché succedeva anche alle generazioni precedenti, si è guardata bene dall’andare oltre la pace di Versailles, forse per finire il programma di Storia in bellezza, cioè con una vittoria nazionale. Dubitiamo che Di Maio e Renzi, degni rappresentanti, insieme a Salvini, di questa generazione più incosciente che coraggiosa, abbiano provveduto con mezzi propri a colmare questa lacuna. Sta di fatto che di tutti gli eventi nefasti seguìti a quel Trattato nella memoria collettiva dei giovani è rimasto, forse, il solo Olocausto.

Tragedia che peraltro non sconvolge più come un tempo perché è subentrata, e non solo nei giovani, una sorta di assuefazione alle atrocità ed ai massacri che ci vengono quotidianamente somministrati. Se sarà scongiurata con le prossime elezioni l’andata al potere di questa destra, sarà bene che si metta subito mano ad un aggiornamento dei programmi scolastici, che obblighi concretamente, e non solo formalmente, a prolungare l’insegnamento della Storia almeno fino al secondo conflitto mondiale e, se proprio si volesse insistere nella pessima abitudine di concludere in bellezza, anche fino a quell’irripetibile e ormai remoto “miracolo economico” che nacque dalle macerie.

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