Quel che ascoltate sottovoce gridatelo dai tetti. Mt,10
Populismi e bisogno di dipendenza di Giuseppe Capuano (Pubbl. 14/02/2017)
Il pensiero critico oggi sembra drammaticamente passato di moda, ma – come osserva il sociologo Lelio Demichelis - dire “pensiero critico” è quasi una tautologia, il pensiero è critico o non è pensiero, perché pensare, ragionare, riflettere possono esserlo solo in senso critico, problematico, riflessivo, di approfondimento. L’esercizio del senso critico è, sostanzialmente, l’unico mezzo di cui disponiamo per smascherare i populismi, ma anche per mettere a nudo il nostro conformismo, l’opportunismo dell’indifferenza, e soprattutto la rassegnazione. Il populismo, inteso come esaltazione demagogica delle qualità e capacità delle classi popolari, è un’ideologia che si presenta sotto numerose varianti, ma il suo fine ultimo appare teso a governare l’intera vita delle persone e delle società. E i populismi hanno buon gioco perché è abbastanza diffuso il rifiuto di assumersi la responsabilità del proprio comportamento, per il fatto che si vorrebbero evitare le possibili conseguenze spiacevoli di tale comportamento: ogni volta che si cerca di sottrarsi alle responsabilità dei propri atti, ci si sforza pure di accollarle a qualcun altro (sia questi un individuo o un'istituzione); ma, così facendo, si rimette a questo "altro" ogni proprio potere. È compito gravoso riuscire a distinguere agitatori populisti da leader politici responsabili e lungimiranti; questi ultimi devono essere animati dall’impegno di fornire ai cittadini mezzi efficaci per trasformare la società in modo tale che essa non sia più di ostacolo alla loro esigenza di vivere soddisfacentemente e per creare, di generazione in generazione, un ambiente migliore per chi verrà dopo di loro. Cittadini responsabili sono coloro per i quali la vita è una serie di scelte e di decisioni personali: quanto più chiaramente si riesce a “comprendere” la realtà del mondo, tanto più facilmente se ne potranno affrontare le difficoltà e le insidie. Ognuno di noi - che lo ammetta o no - ha un certo bisogno di dipendenza: tutti, almeno in particolari circostanze, vorremmo essere trattati come bambini, nutriti e accuditi da persone più forti di noi che abbiano veramente a cuore il nostro benessere; come fanno rilevare psichiatri e psicologi, anche se siamo persone forti, adulte e responsabili, guardando bene in noi stessi scopriremo di desiderare che, almeno una tantum, qualcun altro si prenda cura di noi. Tuttavia, non bisogna confondere questo occasionale bisogno di dipendenza con la dipendenza vera e propria, caratteristica delle persone che non si sentono mai completamente "realizzate" e provano un costante senso di insoddisfazione. A costoro, la cui vita è dominata dal desiderio di dipendenza - non importa da chi dipendano - è solo sufficiente dipendere da qualcuno: vogliono solo che qualcuno fornisca loro una “identità”, non importa quale; per questo le loro relazioni con il prossimo, anche se possono apparire drammatiche nella loro intensità, sono in effetti molto superficiali. Un'altra caratteristica di persone dipendenti di questo tipo è quella di non preoccuparsi molto della propria crescita personale, sociale, politica, spirituale. La nostra visione della realtà è paragonabile a una mappa sulla quale seguiamo il percorso della nostra vita. Il viaggio verso la crescita esige senso di responsabilità, coraggio, iniziativa, autonomia di pensiero e d'azione, in altre parole: l’esercizio di un autonomo pensiero critico. Il viaggio dobbiamo compierlo da soli: nessun leader politico o guru può accompagnarci fino alla meta, né esistono formule o rituali che possano abbreviare il cammino. Nessun “pacchetto preconfezionato” può sollevare il viaggiatore dal duro compito di scegliere responsabilmente la via da seguire e di trovare faticosamente la propria strada.